Lo stemma della famiglia BRESSAN è nato con il fermo intento di rispecchiare lo spirito, le aspirazioni, gli intenti e il culto per le tradizioni di un nucleo familiare che non ha mai improvvisato nessuna azione.

Volendo analizzarlo criticamente nelle sue parti costituenti, la prima immagine da cui si viene colpiti è la croce ansata, che troneggia al centro. Tale simbolo, eletto dai BRESSAN come propria identificazione, vede la sua comparsa nella scrittura geroglifica egiziana, dove stava a significare la fecondazione della Terra da parte del Sole e la Vita (da ciò essa è definita volgarmente anche croce della Vita o più precisamente Ankh). In seguito gli Egiziani cristiani (Copti) adottarono questo segno come simbolo della forza vitale della croce di Cristo.

Continuando l’analisi sistematica, noteremo che l’Ankh è inscritto in una forma tondeggiante che vuole essere un caldaio. Nella cultura antica una croce inscritta tendeva a sottolineare soprattutto la congiunzione tra il Cielo e la Terra, base di tutte le forme vitali, compresa quella della vite.

Il caldaio, di cui più sopra parlavamo, identifica nelle culture indoeuropee i concetti di rigenerazione e di mutamento, che per estensione sono assimilabili, senza ombra di dubbio ai processi che presenziano le fasi fermentative, responsabili della trasformazione dell’uva in quel meraviglioso prodotto chiamato vino.

Ed il vino, fattore culturale che pervade da millenni le civiltà più avanzate ed erudite, in quanto ad allegorie non è secondo a nessuno: usualmente simbolo del sangue (per i Greci era il sangue di Dionisio), per il colore e per il riferimento al suo essere ricavato dalla “linfa vitale” della vite; esso era considerato spesso elisir di lunga vita e pozione di immortalità (p. es. presso i popoli semitici, presso i Greci, nel taoismo). In Grecia erano proibite le offerte di vino agli dei degli Inferi essendo il vino la bevanda dei viventi. A causa del suo effetto inebriante lo si vedeva sovente anche come uno strumento per il conseguimento di sapere esoterico. Nell’Islam il vino è fra l’altro la bevanda dell’amore divino, un simbolo di conoscenza spirituale e della ricchezza dell’esistenza dell’eternità; nel sufismo l’esistenza dell’anima prima della creazione era infatti immaginata pervasa dal vino dell’immortalità.

Secondo la tradizione biblica, il vino è un simbolo della gioia e della ricchezza dei doni provenienti da Dio (cfr. Sal 104(103), 15; Prv 9,5). Nel cristianesimo, nella transustanziazione eucaristica, il vino riceve il suo significato più sacro e profondo trasformandosi in sangue di Cristo (cfr. Mt 26,28 par.; 1 Cor 10,16).

Ora, continuando la nostra analisi, vorremmo focalizzare l’attenzione sui tralci di vite e sui grappoli d’uva che fanno da cornice alla parte sinistra dell’emblema.

La vite (vitigno) è simbolo di abbondanza e di vita. In Grecia era consacrata a Dionisio; la vite era anche simbolo di rinascita in connessione ai Misteri dionisiaci, che celebravano il dio dell’estasi come signore al tempo stesso della morte e della rigenerazione di ogni vita.

Nell’ambito del simbolismo ebraico e cristiano, la vite è un arbusto sacro dalla sfaccettata valenza simbolica; era considerata immagine simbolica del popolo d’Israele (cfr. Ger 2,21), per il quale Dio si prende altrettanta cura quanta l’uomo per la sua vite, e albero del Messia; inoltre già nell’AT lo stesso Messia fu paragonato ad una vite. Cristo si paragonò alla vera vite che, come fusto pervaso di forza vitale, porta i fedeli come tralci, ovvero: solo chi riceve da Lui la propria forza può produrre i veri frutti (cfr. Gv 15,1). Anche la vigna recintata e custodita è un simbolo del popolo eletto; più tardi fu accostata allegoricamente anche alla Santa Chiesa.

Il grappolo d’uva portato dagli esploratori della Terra Promessa (cfr. Nm 13,23) è un simbolo della promessa; la stessa che la famiglia Bressan rinnova annualmente per la produzione dei suoi vini: l’imperativo d’obbligo è l’altissima qualità coniugata alla categorica genuinità. Per terminare il discorso storico religioso, c’è ancora da dire che il grappolo sui sarcofagi paleocristiani è un’immagine simbolica del regno promesso nell’Aldilà nel quale si è ritirato il defunto.

Così, ultimata la dissertazione sull’uva, continuiamo la nostra disquisizione sulla parte destra dello stemma, dove incontriamo una cornucopia trabboccante d’uva, su cui troneggia un rubicondo Bacco.

Ma andiamo per ordine: la cornucopia, attributo della fortuna o della personificazione dell’autunno (tempo di vendemmia), è un emblema della sovrabbondanza della fortuna e del raccolto ricco; originariamente era ritenuta corno della capra Amaltea o del dio fluviale Acheloo, a cui Eracle l’aveva staccato in uno scontro.

Dalla parte bassa destra della cornucopia si vede un vessillo sventolante, che viene sentito come espressione simbolica del mettersi in cammino, della forza di cambiamento rivolta al futuro (principi questi ai quali i Bressan non sono assolutamente indifferenti, visto che senza tradire la filosofia aziendale, portano avanti faticosamente una ricerca scrupolosa e meticolosa, al fine di migliorare ulteriormente e costantemente un prodoto già da sempre riconosciuto come di altissimo livello).

Continuando, senza abbandonare il filone mitologico, arriviamo così ad analizzare la parte superiore della cornucopia, dove troviamo l’effige del dio Bacco (figlio di Giove e di Semele), dio del vino. Usualmente rappresentato giovane e bello, fregiato di corna (ad indicare l’audacia che viene dal vino) e con in mano il tirso (asta circondata d’edera e di pampini), lo si può anche incontrare - come nel nostro caso - raffigurato come un uomo panciuto, coronato d’edera (reputata buona contro l’ebbrezza) che brinda alzando una coppa

(la coppa sta a significare il recipiente che bevendo viene passato di mano in mano, simbolo di amicizia e di unione, o in senso cristiano, della gioia, simbolo della vicinanza a Dio).
Bacco, aveva anche un seguito composto dal vecchio Sileno suo precettore, da Satiri e da Menadi (o Baccanti): gli erano consacrate le feste “Liberalia” o “Baccanalia” (17 marzo), famose per le loro dissolutezze.

Questa credenza religiosa romana, in ossequio al detto oraziano “Grecia capta ferum victorem cepit”, va vista come filiazione diretta della cultura greca, dove per Dionisio (o Diòniso) dio dell’ebbrezza, si celebravano ogni anno nel dicembre le “Piccole Dionisiache”o “Dionisiache rurali” e nel marzo le “Grandi Dionisiache”; consistevano, anche qui, in una solenne processione, che figurava il trionfo di Dionisio, accompagnato dal suo seguito di Satiri (tra cui il vecchio Sileno sul dorso di un asino), di Menadi agitanti fiaccole e tirsi, di persone d’ambo i sessi simulanti l’ebbrezza od ebbri realmente, che invocano il dio.

Termina qui il viaggio intorno allo stemma della famiglia Bressan. Fiduciosi di esserci spiegati e di averVi fatto capire che Noi non facciamo nulla a caso, ringraziamo cordialmente per il Vostro gradito interesse.